Il Progetto

Il progetto, che avrà una durata di 18 mesi, parte da un dato sotto gli occhi di tutti: l’83% dei rifiuti in plastica censiti nei mari italiani è costituito da packaging, per lo più di plastica usa e getta. L’iniziativa si inserisce nel più vasto contesto di attività dell’ENEA finalizzate all’eco-innovazione di processo, di prodotto e di sistema, all’ecologia industriale nell’intera catena di valore con strumenti e approcci integrati per l’uso e la gestione efficiente delle risorse e la chiusura dei cicli sul territorio e nei sistemi produttivi, ma anche alle soluzioni innovative di collaborazione e a nuovi modelli di business e di consumo come l’open source, il pay per use, la simbiosi industriale.

Il progetto mira a recuperare circa l’80% della lavorazione del latte per la produzione di burro e formaggi, in forma di acque reflue casearie, che risultano prive di elementi tossici e sono ricche di di proteine, peptidi e lattosio, sostanze che possono essere riutilizzate e non per forza smaltite.

BIOCOSÌ un progetto che guarda dritto al futuro,
con l’obiettivo di inserirsi in un mercato in crescita.

BIOPLASTICA

Le bioplastiche rappresentano attualmente circa l’1% delle plastiche prodotte ogni anno in Europa (circa 300 milioni di tonnellate). Secondo gli ultimi dati di mercato raccolti da European Bioplastics, la capacità di produzione mondiale delle bioplastiche è destinata a crescere di circa il 50% nel medio termine, passando da circa 4,2 milioni di tonnellate del 2016 a 6,1 milioni di tonnellate nel 2021.

BIOPLASTICA: INDUSTRIA ITALIANA

Incrementi a due cifre anche per l’industria italiana delle bioplastiche che nel 2015, secondo uno studio commissionato da Assobioplastiche a Plastic Consult, ha registrato un aumento del 25% dei manufatti prodotti e un fatturato di 475 milioni di euro (+10%).

SCENARIO DI RIFERIMENTO E INTERESSE TECNICO-SCIENTIFICO

Lo scenario di riferimento all’interno del quale il progetto BIOCOSI’ è stato concepito, riguarda una serie di considerazioni di differente portata e dimensione; prima fra tutte la forte necessità di valorizzare i risultati ottenuti da un gruppo di ricercatori che hanno dato vita ad una start up innovativa (EggPlant, capofila del raggruppamento) che per prima nel contesto regionale ha dato vita ad una ricerca che ha portato alla realizzazione di materiali totalmente biodegradabili e derivanti da un refluo del comparto agroalimentare. Nello specifico, le problematiche dei reflui generati nel settore lattiero-caseario sono uno tra i maggiori problemi dell’agro-industria in Italia, sia per i grandi volumi prodotti che per la diffusa presenza di caseifici sul territorio, ma soprattutto perché difficilmente smaltibili per l’elevato carico inquinate (COD 70.000 ppm di O2). Secondo le stime elaborate da ISTAT e APAT dei 7 milioni di ton/anno prodotti in Italia il 20% è sottoposto a depurazione, il 35% utilizzato per l’alimentazione suina e il 45% scaricato illegalmente, creando un grave problema ambientale, nonostante le aziende siano tenute a rispettare le stringenti normative nazionali (D.Lgs. 22/1997, D.M. 125/06) e comunitarie. Tali reflui però, se opportunamente trattati, possono costituire una fonte di ricchezza in un’ottica di economia circolare, in cui essi diventano fonte di sostanze organiche per ottenere prodotti ad alto valore aggiunto. Difatti l’impiego di lattosio ottenuto dai reflui caseari apporterà sia un vantaggio economico (meno 23% il costo unitario di produzione del biopolimero) che ambientale (riutilizzo in maniera ecocompatibile di uno scarto) ed etico se confrontato con gli attuali metodi di produzione di bio-plastica, e in particolare di PHA, che prevedono l’uso di materie prime costose (zucchero, mais, etc.), oltre che problemi di natura etica (biomasse edibili destinabili al consumo umano) ed ambientale (Carbon-footprint elevato). La necessità di valutare in termini tecnico-scientifici il contributo e il valore aggiunto di tutte le componenti presenti nel refluo, nonché la necessità di ottimizzare processi e capacità di integrazione hanno portato i proponenti di BIOCOSI’ a consolidare la propria collaborazione in una strategia, come suggerito dall’Unione europea per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva al raggiungimento della coesione economica, sociale e territoriale.

In questo scenario è importante mettere in atto tutte quelle azioni che favoriscano la Bioeconomia, ovvero un sistema economico innovativo che si fondi sull’uso intelligente delle risorse biologiche rinnovabili, così come dei rifiuti, come input da cui ottenere prodotti a valore aggiunto quali in questo caso, bioprodotti e questo nel rispetto e nella promozione della biodiversità, dell’ambiente e della salute. Infatti, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) attribuisce alla Bioeconomia la capacità di imprimere una vera e propria spinta propulsiva verso una nuova “rivoluzione industriale”, in cui le biotecnologie applicate alla produzione primaria, alla salute ed all’industria possono contribuire significativamente: si prevede che nel 2030 si arriverà ad usare le biotecnologie per il 35% delle produzioni chimiche, l’80% delle produzioni nel settore farmaceutico e per il 50% nell’agricoltura. Infatti, il sistema di imprese proposto si presuppongono agire in un’ottica di interazione tra filiere e chiusura dei cicli per ottenere da un refluo un biomateriale, compostabile e biodegradabile, da utilizzare nel packaging di alimenti il cui processo di produzione origina lo stesso refluo recuperato. Il packaging risulta essere il settore di mercato che riveste il maggior consumo di materie plastiche con il 39 %, seguito da abitazioni e costruzioni con il 20 % e l’8 % del settore automotive, mentre una consistente quota del 23 %, include i settori come l’arredamento, lo sport, la salute e la sicurezza (PlasticsEurope, “An analysis of European latest plastics production, demand and waste data”, Plastics-the Facts 2010). L’ingente quantitativo di materie plastiche prodotte a livello globale, presenta problemi di natura ambientale legati alle opzioni di fine vita di questi materiali. Negli ultimi anni sono aumentati gli sforzi da parte dei paesi produttori, ed in particolare dell’Europa, nel potenziare le forme di riciclo, come alternativa, rispetto allo smaltimento in discarica, considerando anche il valore di mercato residuo, rappresentato dalle materie plastiche destinabili al riciclaggio. Nel 2009 l’Unione Europea destinava allo smaltimento in discarica il 46 % della plastica prodotta, contro il 38,1 % del 2012, mentre al riciclo era destinato il 22,5 % contro il 26,3 % del 2012 e la valorizzazione energetica mediante combustione ammontava al 31,5 % contro il 35,6 % del 2012 (PlasticsEurope, “An analysis of European latest plastics production, demand and waste data”, Plastics-the Facts 2010).

Ad oggi l’85-90 % delle plastiche prodotte è di origine petrolchimica, tuttavia le plastiche bio-based e le bioplastiche stanno conquistando sempre maggiori quote di mercato. La domanda crescente di soluzioni alternative alle plastiche tradizionali, maggiormente sostenibili dal punto di vista ambientale, si riflette nella crescita della capacità produttiva delle bioplastiche: nel 2012 questa capacità ammonta, in Europa, a 1,4 milioni di tonnellate, le attuali previsioni di mercato indicano che nel 2017 questa aumenterà fino ad oltre 6 milioni di tonnellate.
Lo scenario aziendale, infine, che verrà proposto all’interno del progetto, vede la capacità del partenariato proposto di imporsi come rete di imprese che ad oggi stanno conquistando sempre maggiore credibilità e attrazione di investimenti su dispositivi di imballaggio sempre più sostenibili e rispettosi dell’ambiente. L’aver anticipato studi e applicazioni a livello nazionale e locale, come dimostrano i risultati ottenuti da EggPlant e RL Engineering, l’interesse del Caseificio dei Colli Pugliesi nella valorizzazione di un refluo destinato allo smaltimento, la capacità di Compost Natura nella valutazione della compostabilità e biodegradabilità delle bioplastiche, la competenza di CSQA nell’ analizzare il ciclo di vita del materiale e dell’intero processo produttivo dal punto di vista delle prestazioni ambientali, dimostrano una capacità collettiva e una concreta volontà di confermare il ruolo di first-mover e di anticipare tendenze e scenari di applicazione che riguarderanno il futuro del packaging.

Principali problematiche di R&S

Produzione di PHA per via fermentativa
Sviluppo degli imballaggi sostenibili proposti
Utilizzo delle sieroproteine nei processi di lavorazione del caseificio
Valutazione dell’impatto ambientale di prodotto (biopolimero)